Maneki-Neko

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  1. AyumiKoneko
     
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    MANEKI-NEKO
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    Il Gatto che porta fortuna

    Non bisogna stare in Giappone a lungo per imbattersi in un maneki-neko. Da un personaggio di un cartone animato di una televisione privata a una grande statua in plastica con zampe meccaniche mobili accucciato davanti a un negozio, l’immagine del gatto pencolante e fortunato ha permeato ogni aspetto della vita giapponese.

    Quel che sembra essere nulla più di una stucchevole trovata commerciale, risulta avere le sue radici in una lunga tradizione di superstizione, leggende e cultura popolare.

    La credenza nei poteri sovrannaturali del gatto non è solo giapponese; lungo tutta la storia il gatto è stato venerato, riverito o temuto nella maggior parte delle culture del mondo. In origine i gatti furono considerati per la loro abilità nel controllare la popolazione dei roditori i quali distruggevano le scorte dei cereali e disseminavano malattie.

    Questa pratica ebbe inizio e si sviluppò nell’antico Egitto, considerato allora il granaio del mondo, e permane fino ai nostri giorni. La natura del gatto come predatore dal sangue freddo fu pure riconosciuta e rispettata da noi nel Medioevo durante i giorni della peste portata dai ratti. Ironicamente fu proprio la sua natura, combinata con le abitudini notturne, che portò ad associare la sua immagine con il diavolo e la stregoneria. Idea che permea tutta la tradizione occidentale. Ma il gatto continua a essere adorato come una deità e giuoca ruoli importanti nelle cerimonie religiose e occulte in tutta l’Asia.

    I gatti giunsero in Giappone circa 1000 anni fa attraverso la Cina, portati dagli allevatori dei bachi da seta, i quali credevano che i gatti proteggessero il filugello. Tuttavia, sino alla nascita della leggenda del maneki-neko, i gatti avevano la reputazione di essere malvagi o simili al diavolo.

    Secondo la tradizione infatti, in Giappone gli animali portafortuna erano sia i nativi tanuki (procioni) che la inaki (la dea volpe dei raccolti). Questi due animali erano riconosciuti come portatori di buona fortuna per gli affari e spesso i negozi esponevano le loro statue e immagini, allo stesso modo in cui oggi si espone il maneki-neko. Siccome un vecchio proverbio cinese recita che un gatto che si lava la faccia è un segno di buona fortuna, si pensava che originariamente il maneki-neko non fosse altro che un gatto che si lavava la faccia. Alla fine, col passare dei secoli, la reputazione del gatto in Giappone, si trasformò da quella di cacciatore vagabondo a quella di portatore di fortuna, felicità e salute.

    L’origine esatta della tradizione attuale è piuttosto controversa, iniziò forse nel XVI secolo e si sviluppò in Osaka o in Edo. Le leggende intorno al maneki-neko sono innumerevoli, ma il tema dominante rimane lo stesso, un gatto randagio trattato bene, che porta fortuna e buona sorte alla persona che gli fu amica. La validità di simili storie sui poteri sovrannaturali del gatto può essere messa in dubbio, ma rimane il fatto che la gente lo compera. Siccome se ne vendono milioni, un cinico potrebbe suggerire che il vero istigatore di simili favole fosse in realtà un fabbricante di statue di gatti. Mah!

    Ne vengono modellate ogni hanno in quantità impressionanti, con tutti i materiali immaginabili, dal legno alla cartapesta, dal ferro alla porcellana; solo la forma è la stessa, un gatto seduto con un bavaglino e una campanella allacciati al collo e una zampa sollevata in segno di saluto.

    Interessante è la posizione delle zampe. Infatti sebbene le rappresentazioni con la zampa sinistra sollevata siano più comuni di quelle con la zampa destra alzata, la ragione esatta della differenza non è chiara.

    Alcune voci dicono che la zampa sinistra sollevata significano denaro e fortuna, mentre la destra significa buona fortuna e salute. Altre sostengono che la sinistra propizi gli affari e la destra la famiglia. Una credenza popolare è quella che consiglia di comprare un maneki-neko al mese, alternando la zampa sinistra per i mesi dispari e quella destra per i pari, alla fine di 48 mesi ci si sarebbe assicurati la buona fortuna per la durata di tutta la vita, sia dal punto di vista professionale che personale. E poi attenzione, più è alta la zampa sollevata, maggiore è la buona sorte!

    Il maneki-neko è pure rappresentato in una vasta gamma di colori, ognuno dei quali ha un suo significato. Quello più comune è il bianco, che significa già di per sé buona fortuna. Il nero assicura protezione contro le malattie, il giallo oro porta denaro e fa avverare i desideri, il giallo propizia l’amore, il verde il successo negli esami e l’azzurro la sicurezza personale. Per tutte queste esigenze sono nati dei negozi appositi specializzati in maneki-neko.
    Non mancano i collezionisti ed esiste anche la loro associazione che conta 800 membri sparsi in tutto il mondo. Per una quota annua di 3000 yen, si riceve un bollettino trimestrale dove vengono fornite informazioni specifiche dove acquistare i pezzi più preziosi. Vengono organizzate pure gite in molte parti del Giappone, per visitare i laboratori di artisti rinomati.

    Chi è incuriosito dal meneki-neko deve visitare l’area del Tempio di Ise, durante la festività chiamata Kuru Fuku Maneki Neko Matsuri, alla lettera la festa del gatto gesticolante che porta fortuna, che si svolge sempre il 29 settembre (Kuru 9 - Fuku 29) e dura fino al 10 ottobre. Sebbene non collegata da un punto di vista religioso con il Tempio di Ise, vi sono alcuni negozi specializzati di maneki-neko nelle vie commerciali vicine. Durante la celebrazione poi non mancano le numerose bancarelle che vendono oggetti legati al gatto che saluta. Oltre a Ise anche Tokonoma, che può essere raggiunta tramite la linea Meitetsu-Tokonoma, è famosa per la preziosità delle effigi del gatto.

    Il maneki-neko è realtà o finzione? Qualunque sia la risposta, la credenza nei suoi poteri rimane forte e così attuale che oggi le immagini dei gatti portafortuna appaiono perfino regolarmente negli annunci economici dei maggiori quotidiani giapponesi. Ben poche delle piccole imprese commerciali in Giappone si sentirebbero complete senza la loro immagine del gatto fortunato.

    Così ciò che iniziò come una bizzarra storia di gatti è diventato parte integrante della cultura giapponese.

    La "vera" leggenda del gatto che saluta

    Certamente vi ricorderete del Maneki-neko, il gatto che saluta. Ebbene, come anticipato nel numero di settembre, ecco la sua leggenda.

    Il tempio di Gotoku si trovava in un quartiere povero, raramente meta di visitatori, di Edo, ora Tokyo, circondato da giardini che da tempo avevano abbandonato le loro origini zen per essere sopraffatti dalla natura lussureggiante. Il tetto era afflosciato e i muri attaccati dal freddo e dall’umidità che si annidava in ogni loro fessura.

    Il salone principale dell’edificio era ormai privo dei segni di splendore dei tempi più prosperi, ma di fronte al suo altare, semplice di legno, non mancavano mai offerte fresche ed incenso acceso mescolato all’odore di muffa del tatami. Tre volte al giorno si poteva trovare la figura riverente di un vecchio monaco rivolto verso l’altare, col capo prono fino al pavimento e recitante preghiera dopo preghiera. Il vecchio monaco non aveva ancora abbandonato la speranza che un giorno le sue preghiere sarebbero state ascoltate e che la fortuna, di cui aveva disperato bisogno per restaurare il tempio, gli avrebbe finalmente arriso.

    Una sera, mentre il monaco cucinava del riso per la sua cena, egli notò un gatto rognoso e minuto seduto nell’ingresso. Come era sua natura, ebbe pietà dell’animale e gli offrì la metà della sua cena. Essi consumarono assieme le loro ciotole di riso e quando ebbero finito il gatto miagolò con gentilezza e si strofinò contro il monaco in segno di gratitudine. Da quel giorno in avanti, il gatto ritornò ogni sera alla stessa ora ed il monaco divideva la sua cena con lui.

    Una notte il monaco, sentendosi molto abbattuto per lo stato disperato del tempio, si lamentò col gatto: «se solo tu fossi un uomo e non un gatto, allora forse mi potresti aiutare», il gatto lo guardò, strofinò la testa contro la sua gamba e rispose con un sapiente "miaooo!".

    Subito dopo, si scatenò un violento temporale e un bel numero di samurai passò vicino ai giardini del tempio. Il loro capo, Ii Naotaka, era il ricco feudatario del castello di Hikone nella prefettura di Shiga e stava ritornando a Edo, vittorioso, dopo l’assedio di Osaka. I suoi samurai stavano cercando un rifugio dal temporale ma non riuscivano a trovarne uno valido. Ii, attraverso la pioggia scrosciante, intravvide un gatto dall’aspetto curioso sul ciglio della strada. Il gatto, seduto sul suo posteriore, stava sventolando in aria una zampa anteriore come se stesse salutando. «Che strana cosa per un gatto starsene fuori così con questa pioggia» pensò Ii e si avvicinò per osservarlo più da vicino. Mentre si chinava per vezzeggiarlo, il gatto si allontanò di alcuni passi, si sedette e ricominciò a salutare. Incuriosito, Ii seguì il gatto che scomparve in uno stretto sentiero attraverso il groviglio di giardini. Non c’era illuminazione e presto Ii lo perse di vista. Proprio quando già stava per abbandonare la ricerca e ritornare sulla strada prncipale, i giardini si aprirono ed egli si trovò di fronte al fatiscente tempio di Gotoku. Là, in cima ai gradini, vi era il gatto che si stava strofinando attorno alle gambe del monaco.

    Il monaco offrì il riparo del tempio ad Ii ed ai suoi uomini e così essi poterono sfuggire alla furia del temporale ed asciugarsi al piccolo fuoco del monaco. Durante quella sua breve permanenza, Ii fu colpito dalla gentilezza e dalla saggezza del monaco e decise di fare di quel tempio il suo tempio di famiglia in Edo. Così da quella notte in poi, il tempio di Gotoku prosperò sotto il patrocinio di Ii Naotaka.

    Il monaco non dimenticò mai quella notte di tempesta quando, in risposta alle sue preghiere, il gatto guidò Ii e di conseguenza portò buona fortuna al tempio.

    Quando, alcuni anni dopo, il gatto morì, egli eresse una statua con la forma di un gatto che saluta, nei giardini del tempio, per propiziare sempre buona fortuna.

    Così nacque la leggenda del Maneki-neko, il gatto che saluta.


    [Verbena Fusaro]
     
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  2. Rikku!!
     
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    Poffarbacco! Io pensavo fosse solo una cosa "estetica" ! Beata ignoranza!

    Grazie!
     
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1 replies since 22/4/2006, 20:25   482 views
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